
STAYCATION: 3 case iconiche dove avremmo voluto passare questo ponte
Tra un viaggio mancato e un ponte che non ci ha portati lontano, c’è uno spazio interiore che aspetta di essere abitato. È quello della staycation, un modo nuovo, consapevole e profondo di vivere il tempo libero. Abitare con lentezza, osservare ciò che ci circonda con uno sguardo diverso, trovare bellezza anche nei piccoli riti quotidiani. In questo spirito, abbiamo scelto tre architetture che sembrano nate per ispirare una nuova intimità con il tempo. Non solo case, ma luoghi simbolici in cui il paesaggio, la materia e la luce dialogano con il nostro bisogno di silenzio, presenza e contemplazione. La prima è un’icona isolata sul mare, dove la solitudine diventa potenza: Casa Malaparte. La seconda, la casa-studio di Luis Barragán, è una sinfonia di colore e spiritualità, che ci invita a perderci dentro luci e ombre. E infine le cabine modulari di Snøhetta, piccole architetture mobili pensate per fondersi con la natura, ridisegnando l’idea stessa di rifugio contemporaneo. Tre modi diversi di restare. Tre inviti a rallentare. Tre esercizi di presenza, tra materiali che respirano e silenzi che parlano.
Photo Courtesy: Jacquemus
Casa Malaparte è una delle architetture più enigmatiche del Novecento. Isolata su una scogliera, a picco sul mare di Capri, è stata progettata negli anni Trenta da Curzio Malaparte con l’architetto Adalberto Libera. La casa è accessibile solo a piedi o via mare, a testimonianza del suo carattere solitario e contemplativo. Con le sue forme geometriche pure, i materiali naturali (cotto, calce, legno) e la scalinata monumentale che porta al tetto, Casa Malaparte è insieme un rifugio, un manifesto e un’opera d’arte. Il suo interno è essenziale ma potente: tutto è pensato per esaltare la luce e la vista sul Mediterraneo. Il silenzio diventa presenza, la luce plasma lo spazio e invita alla riflessione. Il tetto è un palcoscenico aperto al cielo, al vento, al pensiero. In questo ponte, Casa Malaparte rappresenta il luogo ideale per riscoprire la bellezza del vuoto, del silenzio e della solitudine fertile.
Photo Courtesy: Salva Lopez
La casa-studio di Luis Barragán è un’esperienza sensoriale. Situata in un quartiere tranquillo di Città del Messico, è un perfetto esempio di come architettura, spiritualità e colore possano fondersi in un equilibrio quasi mistico. I volumi sono semplici, ma ogni dettaglio è pensato per emozionare: le pareti rosa intenso, le ombre, le aperture inattese. L’interno è intimo, intellettuale, poetico. La luce naturale entra calibrata, il colore assorbe il suono. È una casa che parla piano, che invita al raccoglimento. I materiali sono poveri, ma la loro combinazione produce una ricchezza visiva e spirituale profonda. La presenza di libri, opere d’arte contemporanea e spazi semi vuoti crea un’atmosfera sospesa, dove il tempo sembra rallentare e ogni gesto si carica di significato. In questo ponte, sarebbe la casa perfetta per chi desidera ascoltarsi, rallentare e riscoprire il valore del colore come linguaggio emotivo.
Photo Courtesy: Omgi
Le cabine modulari Omgi, progettate dallo studio norvegese Snøhetta, rappresentano una risposta raffinata e sostenibile al desiderio crescente di esperienze lente e immersive. Queste micro-architetture sono pensate per integrarsi con discrezione nel paesaggio, offrendo un rifugio contemporaneo dove rallentare e riconnettersi con la natura, senza rinunciare al comfort. Sollevate da terra, le cabine riducono al minimo l’impatto ambientale e si installano facilmente anche in contesti sensibili come foreste, laghi o pendii montani. Ogni modulo (stanza singola o guesthouse) è caratterizzato da grandi vetrate panoramiche e da rivestimenti in legno naturale o carbonizzato. Gli interni sono compatti ma progettati con attenzione: materiali locali, soluzioni low-tech, luce naturale. Un esempio virtuoso è Grend, nei boschi della Norvegia, dove le cabine vengono usate come residenze per studenti durante l’anno e diventano lodge turistici nei mesi estivi. Queste strutture non sono semplici alloggi, ma un invito ad abitare meglio, anche per poco tempo. Un ritorno all’essenziale che restituisce valore al paesaggio e al tempo.
Photo Courtesy: Jacquemus, Salva Lopez, Omgi
Tre case, tre modi di abitare. In un’epoca in cui il tempo libero rischia di diventare un’estensione della produttività, queste architetture ci ricordano che esiste una bellezza più profonda nell’inattività, nel silenzio, nella semplicità. C’è la contemplazione solitaria di Casa Malaparte, dove cotto, legno e calce diventano strumenti per scolpire la luce e il silenzio. C’è l’introspezione sensoriale della casa di Barragán, in cui colore, ombra e materia si fondono in uno spazio di raccoglimento interiore. Con le cabine modulari di Snøhetta, il rifugio si fa piccolo e immersivo: legno naturale, vetro e paesaggio diventano un tutt’uno, e ci invitano a rallentare lo sguardo, a tornare all’essenziale. In tutte queste case, i materiali non sono mai solo decorazione: sono strumenti narrativi, silenziosi alleati della nostra interiorità. Le superfici tattili, la luce che cambia, il rapporto con l’esterno suggeriscono rituali lenti, quasi ancestrali: sedersi in silenzio davanti a una vetrata, seguire la luce su una parete colorata, respirare su un tetto aperto al cielo. Ogni gesto diventa significato. In questo tempo sospeso tra le festività, queste architetture sono simboli di luoghi in cui rifugiarsi, veri e propri dispositivi per rieducare il nostro modo di abitare lo spazio e il tempo. Ci invitano a riscoprire il ritmo delle cose, a restare e in quel restare, forse, a ritrovarci.